Ogni giorno acquisiamo maggiore consapevolezza delle ricadute della epidemia virale sul piano sanitario, economico, sociale, politico.  E ogni giorno capita che magari una conversazione (telefonica, sia chiaro), un articolo di giornale, una trasmissione televisiva o una chat ci facciano valutare una conseguenza, diretta o indiretta, su cui non avevamo ancora riflettuto… Con la chiusura di tutte le scuole sul territorio, anche le scuole di italiano per migranti sostenute dalle associazioni di volontariato si sono inevitabilmente e giustamente chiuse. Non è tanto e solo la perdita delle lezioni di italiano che pesa su queste persone, ma la lacerazione di quella sottile rete di relazioni che, in queste scuole, si cerca di costruire intorno a loro e alle loro solitudini. Il migrante ai tempi della pandemia è al centro della “tempesta perfetta”, nel punto di convergenza di due cosiddette “emergenze”: quella migratoria (fenomeno sistemico e oramai strutturale) e quella della pandemia virale (prevedibile, per non dire attesa, in un mondo di relazioni e scambi globali). E allora è particolarmente necessario e prezioso lo sforzo che le scuole della Rete Scuole Senza Permesso stanno sostenendo per non disperdere il patrimonio di relazioni e progettualità che stavano costruendo con i loro studenti: chat di classe, esercizi via mail, padlet, materiali da internet o “home made”, incontri “one to one” con i migranti più fragili, suggerimenti ed esperienze in condivisione. Costruire un filo rosso che mantenga vivo il senso di appartenenza e di comunità, anche solo di una piccola classe di migranti.