Noi, invece, che abbiamo per patria il mondo,
come i pesci il mare
Dante Alighieri

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16/03/2024 - Una pagina, un libro: Stato d’assedio - Come la paura dei rifugiati ci sta rendendo peggiori


Un consiglio di lettura «Una pagina, un libro»

«Stato d’assedio - Come la paura dei rifugiati ci sta rendendo peggiori»

Il respingimento attivo dei muri e Frontex

Il respingimento attivo dei muri e Frontex Secondo uno studio di qualche anno fa, nel mondo si contavano settanta muri eretti sui confini nazionali, con altri sette già finanziati o in costruzione, molti di più che nel 1989 alla caduta del muro di Berlino. Sommati, sono lunghi circa 40.000 chilometri, ossia quanto la circonferenza del globo terrestre. Si stima che sei cittadini del mondo su dieci vivano in un paese separato da altri da un muro di confine. Le motivazioni della costruzione dei muri sono varie, possono essere i postumi di una guerra come quella fra le due Coree o di una traumatica scissione come quella di Cipro, dove la stessa capitale Nicosia è separata da un muro (la cosiddetta Linea verde). Ma soprattutto negli ultimi due decenni il contrasto dell'immigrazione non autorizzata ha fatto ricorso all'antichissima tecnica della costruzione di muri e barriere fisiche: dieci governi dell'UE su ventotto vi hanno fatto ricorso, per un totale di quasi 1000 chilometri, dato probabilmente da aggiornare. Come ai tempi del Vallo di Adriano o della Muraglia cinese, i muri ai confini mantengono lo stesso significato simbolico del lontano passato: separare i cittadini dagli estranei, le comunità civilizzate dai barbari che premono alle porte. Un caso emblematico è quello della barriera di filo spinato lunga circa 200 km che divide la Bulgaria dalla Turchia, sorvegliata da guardie di frontiera e reparti militari, con lo scopo di respingere gli ingressi sul territorio dell'UE di migranti e profughi provenienti dalle rotte che attraversano la penisola anatolica. Proprio non molti anni prima, era stata eretta un'analoga barriera che serviva però a impedire gli spostamenti in direzione opposta, dall'Europa orientale sotto il controllo sovietico verso la Turchia e il mondo libero.

L'UE, che aveva resistito per alcuni anni alla richiesta di contributi economici da parte di alcuni paesi membri per costruire barriere difensive, si sta ora dimostrando più accomodante. Sulla possibilità di finanziare la costruzione dei muri si stanno gradualmente allineando il Consiglio e la Commissione UE guidata da Ursula von der Leyen. Il comunicato finale del Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 invita la Commissione a finanziare misure da parte degli stati membri che contribuiscano direttamente al controllo delle frontiere esterne dell'Ue nonché progetti pilota di gestione delle frontiere. Non è stato chiarito se si tratti di finanziare con denaro comunitario la costruzione di muri e barriere, già del resto eretti da vari governi nazionali con propri fondi. Per molti commentatori, si tratta di un cambiamento di linea da parte di Bruxelles, finora ufficialmente contraria ai muri, ma ora quanto meno possibilista. Von der Leyen è stata elusiva, mentre la commissaria per gli Affari interni, YIva Johansson, pur escludendo il finanziamento dei muri, ha ammesso che i fondi UE potranno servire ad allestire torrette, posti di guardia, strade di collegamento e altre infrastrutture di sorveglianza. Se anche Bruxelles non finanzierà materialmente dei muri, ha sostanzialmente aderito alle posizioni che li invocano.

 

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