Riportiamo l’articolo di Maurizio Ambrosini su l’Avvenire del 4 agosto: "Covid-19, migranti e derive parolaie. Non credete ai poveri untori".
Il nesso tra immigrazione e pericolo Covid-19 sta agitando la scena politico-mediatica, oltre che le vacanze degli italiani, assumendo varie sembianze inquietanti: gli sbarchi, anzitutto, ma anche i rientri dall’estero, i focolai di infezioni nei centri di accoglienza, nonché le fughe dagli obblighi di quarantena. Spiace che non solo politici in cerca di facili consensi, ma anche analisti qualificati partecipino alla “caccia agli untori”, mediante usi spericolati dei dati e associazioni improprie tra fenomeni sociali (persone che si muovono attraverso i confini) e aspetti politici (il colore del governo in carica).
L’idea che gli immigrati (poveri) portino malattie è una delle leggende nere più ricorrenti e inossidabili. Chi ha un po’ di memoria potrebbe ricordare, per limitarci agli ultimi anni, i tentativi di bloccare l’accoglienza dei profughi a causa dell’epidemia di Ebola in alcuni Paesi africani, oppure l’allarme per la presunta diffusione della Tbc tra le forze dell’ordine che presidiavano gli sbarchi. Voci infondate, eppure di grande impatto mediatico...
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